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MORATTI, COSI’ NON VA…

Ritengo che il compito di un’associazione professionale, come la nostra, non sia solo quello di proporre dei corsi di formazione o di aggiornamento per il personale scolastico ma anche quello di analizzare criticamente ciò che accade a livello organizzativo nella scuola italiana, favorendo il dibattito e la riflessione tra i lavoratori, per non accettare in maniera supina ciò che proviene dall’alto e avanzare le soluzioni e i suggerimenti più idonei alle esigenze delle categorie coinvolte.

Vanno sicuramente in questa direzione la nostra proposta di “riforma dei cicli” alternativa a quella elaborata dai precedenti ministri della Pubblica Istruzione Berlinguer e De Mauro ed il progetto di costituzione dell’Ordine dei Docenti.

Mai come in questi ultimi tempi si dice che la scuola italiana è coinvolta in un processo di profonda trasformazione, ebbene, io credo che il programma annunciato dal ministro Moratti mostri ancora troppi punti di continuità con il recente passato e non rappresenti altro che un ulteriore passo verso lo smantellamento dell’istruzione pubblica e l’adeguamento agli standard educativi e organizzativi americani.

Se va dato il merito al capo del dicastero della pubblica istruzione di aver bloccato il “disordino dei cicli” di Berlinguer, occorre però precisare che non può ripetere gli errori dei predecessori. Ecco quindi che va preservata la qualità della scuola primaria in toto, così come è giusto salvaguardare la grande tradizione del Liceo Classico, ma soprattutto, è inopportuna una politica di differenziazione della formazione professionale, intesa come alternativa al percorso scolastico, poiché creerebbe una scuola ghetto sottoproletaria e significherebbe un ritorno alla logica dell’avviamento.

Dalle parole del neo-ministro si evince, inoltre, come non ci sia alcuna volontà di risolvere sia l’annosa questione di un giusto riconoscimento stipendiale ai docenti, sia quello dello status di insegnante, che come affermiamo noi da tempo, va sganciato dal ruolo impiegatizio. Bisognerebbe avere il coraggio di portare interamente il comparto scuola fuori dal pubblico impiego, in analogia all’Università, perché la scuola non eroga “servizi”, ma è costituzionalmente definita nel ruolo di istituzione che promuove cultura.

Lo stesso coraggio non manca, invece, al ministro quando dichiarandosi favorevole al finanziamento pubblico delle scuole private, va contro l’art.33 della nostra Costituzione e si erge a fervente paladina di quel progetto neoliberista che si è progressivamente imposto nel nostro paese fino a condurre al consolidamento di un generale processo di colonizzazione istituzionale in molte sfere della vita sociale come la scuolam appunto, la previdenza, la sanità, l’energia, i trasporti, ecc..

In Italia tale processo ha assunto i contorni di una vera e propria moda, elogiato con impercettibili distinguo da parte di tutte le forze dell’arco istituzionale, dalla destra fino alla sinistra (ne è riprova, per quanto riguarda il mondo della scuola, la forzatura illegittima che è stata operata con la legge di parità fortemente voluta da Berlinguer), ed è giusto che realtà come la nostra e i docenti in generale, come operatori della cultura, si assumano il compito di contrastare tali procedure smascherandone le assunzioni prescientifiche, largamente emotive e ampiamente funzionali a potenti interessi di parte, si impegnino a ridimensionare tali proposte ultraconservatrici, affermando come nella vita reale gli aspetti decisionali di natura qualitativa e non misurabile sono altrettanto validi ed importanti di quelli economici e ribadiscano infine, che solo l’istruzione pubblica può offrire reali libertà d’insegnamento (quindi di apprendimento) e uguali opportunità di riuscita a tutti al di là ogni differenziazione di censo, culto e ideologia.

Stefano Lonzar

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