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Scuola / Dal rinnovo del contratto la solita ‘mancetta’ e niente salute per i docenti

di Vittorio Lodolo D’Oria 26 Luglio 2023

Pubblichiamo un interessantissimo estratto sulla questione salute dei docenti, inviatoci da Vittorio Lodolo D’oria (che ringraziamo): Valditara, più CGIL, CISL, GILDA ED ANIEF (firmatari) calano la maschera (cassando ora senza vergogna una previsione normativa mai onorata sinora). eliminato ogni dovere di monitorare e curare la salute psico-fisica degli insegnanti

Si è da poco conclusa la trattativa per il rinnovo del contratto della scuola e il copione appare lo stesso di sempre: istituzioni soddisfatte, parti sociali fiere per aver raggiunto il massimo (UIL a parte), ma insegnanti scontenti per la solita mancetta d’aumento.
Non è tutto: la bozza di contratto approvata da tutte le parti in causa è altamente deludente: per l’ennesima volta, non tutela in alcun modo la salute professionale della categoria docente. La prevenzione dello Stress Lavoro Correlato e del burnout, presente nell’art. 22 del precedente contratto, scompare per incanto. Tutto ciò nonostante il dettato del Testo Unico (art. 28 DL 81/08) contenga misure di prevenzione e controllo per le helping profession anche in base alle variabili genere ed età che, nel corpo docente, sono rispettivamente 83% femminile ed età media di 50,4 anni. Suona pertanto come una beffa l’art. 22 della nuova bozza che introduce misure al fine di tutelare il benessere psicofisico dei lavoratori transgender … e di creare loro un’identità alias (sempre che non si tratti del solito espediente ideologico per offrire le stesse prebende agli studenti).
Tornando al contratto, un altro elemento fortemente deludente è la mancata occasione per effettuare studi epidemiologici comparativi al fine di valutare le malattie professionali degli insegnanti: dal 1° giugno, infatti, la competenza degli accertamenti medici collegiali sulle inidoneità/inabilità lavorative per causa di salute, sono passate, dopo vent’anni, dalle CMV del MEF (giugno 2004-2023) all’INPS. I dicasteri del MEF (Ufficio III) e del MIUR (oggi MIM) non hanno mai ritenuto di dover effettuare studi su scala nazionale nonostante i risultati su scala provinciale (Milano, Torino, Verona) indicassero che, tra i docenti, le diagnosi psichiatriche erano la stragrande maggioranza e in vertiginoso aumento.
Altro elemento critico è rappresentato dal non aver posto rimedio alla discriminazione tra lavoratori, inopinatamente decretata dall’art. 3 del DPR 171/11, che stabilisce la fruizione dell’accertamento medico solo per i dipendenti che hanno superato il periodo di prova. Questa palese ingiustizia, perpetuatasi per 12 anni, e chissà per quanto ancora, non sembra riguardare/turbare minimamente – al pari della salute professionale dei docenti – le Parti Sociali. Di pari passo risulta illogico e intollerabile l’accentramento nella sola sede di Roma delle Commissioni Mediche Militari di II Istanza volute dal ministro Giannini nell’aprile 2014: a quanto pare a nessuno interessa il problema dell’accessibilità e dei costi che i lavoratori, per giunta in precarie e gravi condizioni di salute, devono affrontare per accedere da tutta Italia al Collegio Medico Ospedaliero di Roma.
Altro problema irrisolto rimane il fatto che il governo Monti stabilì nel 2011 “l’integrazione della Commissione Medica di Verifica del MEF con un componente (non medico) dell’USR” nonostante il datore di lavoro debba rimanere all’oscuro della diagnosi della patologia che affligge il dipendente.
La scuola infine, al contrario della famiglia con 535 figlicidi negli ultimi vent’anni come racconta una recente indagine, è un luogo sicuro ma appare perseguitata da centinaia di procedimenti penali avviati dall’Autorità Giudiziaria (A.G.) con audio video intercettazioni e telecamere nascoste. Molte sono le perplessità su questo fenomeno esclusivamente italiano: l’assenza di lesioni fisiche negli episodi; l’intempestività dell’intervento della A.G.; la mancanza di competenza degli inquirenti in ambito educativo e pedagogico; la corto circuitazione del dirigente scolastico, gli esorbitanti costi per le indagini e via discorrendo. Occorre piuttosto restituire serenità alle maestre della Scuola dell’Infanzia e della Primaria, senza farle sentire additate, inadeguate e, ingiustamente, sotto osservazione. Che si sappia sempre e dappertutto: non vi è luogo più sicuro della scuola per un minore.
Insomma, anche in quest’ultimo accordo contrattuale tutte le parti in causa fanno finta che l’annosa questione della “salute professionale dei docenti” non esista. Sono tutti capaci di parlare di burnout e Stress Lavoro Correlato perché si tratta di sindromi non riconosciute come patologie vere e proprie ma sono ritenute semplici e insignificanti “condizioni” che non richiedono alcun intervento urgente. La realtà invece è ben altra, poiché l’80% delle diagnosi poste ai docenti nei Collegi Medici per l’inidoneità al lavoro è psichiatrica. E che i suddetti numeri non siano casuali lo testimonia il fatto che questa professione, psicofisicamente usurante nonostante i falsi stereotipi che la gravano, è stata colpita nel giro di vent’anni da quattro riforme previdenziali “al buio”, cioè senza alcuna valutazione antecedente della salute professionale della categoria, passando da un estremo (baby-pensioni) all’altro (67 anni con la riforma Monti-Fornero).
Discorso conseguente andrebbe affrontato per i dirigenti scolastici chiamati a tutelare la salute dei docenti. Non è più tollerabile la totale disinformazione istituzionale riguardo alle loro innumerevoli incombenze medico-legali. Essi sono gravati da compiti impropri e specialistici come quello che impone al capo d’istituto – equiparato a datore di lavoro – di sottoporre ad Accertamento Medico d’Ufficio i docenti con disturbi del comportamento gravi, evidenti e ripetuti che fanno fondatamente presumere l’esistenza dell’inidoneità psichica permanente assoluta o relativa. Salvo poi revocare anche questo unico e formidabile strumento di tutela sanitaria (art. 3 DPR 171/11) per i lavoratori a tempo determinato nonché a coloro che non hanno ancora superato il periodo di prova.
Dunque, fare finta che i docenti non abbiano problemi di salute, e tantomeno siano gravati da un’evidente usura psicofisica, sembra essere la parola d’ordine tra gli addetti ai lavori. Costoro si attendono invano ed erroneamente il seguente risultato: niente malattie professionali (al max il riconoscimento di una nebulosa condizione di “burnout”), niente spese di prevenzione, nessun indennizzo. Ma non è questa la soluzione. Occorre invece subito riconoscere le patologie professionali attraverso studi epidemiologici con i dati ventennali del MEF (Ufficio III); renderne edotti docenti e dirigenti; adottare forme di prevenzione, riconoscimento, diagnosi e cura.

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